sabato 18 ottobre 2008

Sistema Cosentino



Quattro pentiti accusano: il sottosegretario era al servizio dei boss casalesi. Ecco tutti gli affari del politico di Casal di Principe. Con una holding di famiglia a cui avevano negato il certificato antimafia
Una strada di Casal di Principe
E ora sono quattro. Un poker di pentiti di camorra accusa il sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino, nato a Casal di Principe, di avere intessuto un rapporto organico con il clan più pericoloso d'Italia: i casalesi.
L'ultimo verbale è stato depositato il 30 settembre scorso in occasione dell'operazione 'Spartacus 3' della Procura di Napoli, una retata che ha raccolto il plauso del capo dello Stato. Il pentito Domenico Frascogna ha raccontato ai pm che Cosentino è stato il postino dei messaggi del boss Francesco Schiavone, detto Sandokan per una vaga somiglianza con l'eroe salgariano. L'attuale sottosegretario avrebbe trasmesso gli ordini del capoclan, poi condannato a tre ergastoli e decine di anni di galera per reati gravissimi che vanno dall'omicidio all'associazione camorristica.
Pizza e pizzino I fatti narrati si svolgono tra la fine del 1995 e l'inizio del 1996. In quel periodo il boss, che ora è chiuso nel regime di isolamento più duro, è latitante. Cosentino è stato eletto consigliere regionale per Forza Italia con una valanga di voti (in provincia di Caserta una preferenza su tre è sua) e forte di questo bottino sta preparando l'approdo in Parlamento, che gli riuscirà nel 1996. A Casal di Principe Sandokan regna incontrastato e segue gli affari del clan nei rifiuti e nel calcestruzzo grazie a una rete di fiancheggiatori. Secondo il racconto di Frascogna, quando Sandokan vuol far sapere qualcosa ai suoi, si rivolge a Mario Natale, un avvocato proprietario di decine di immobili che circola su una Ferrari 550 Maranello e che è stato arrestato il 30 settembre scorso con l'accusa di essere il cassiere dei casalesi. Frascogna avrebbe visto Cosentino e Natale che andavano a casa di Nicola Panaro (un boss legato a Schiavone arrestato nell'ultimo blitz) per consegnare la lettera del capo. Non basta: il pentito racconta di avere assistito a un incontro a quattro nella sua pizzeria con Cosentino e l'avvocato Natale che consegnavano la solita lettera ai boss Raffaele Diana e Vincenzo Zagaria. Le accuse di Frascogna sono state rilasciate in tempi non sospetti, nel lontano 1998. La Procura le ha ritenute credibili e le ha allegate all'ordinanza di arresto contro i casalesi, ma non si sa ancora se le userà anche nel fascicolo segreto che vede indagato Cosentino.
In realtà il pentito non pronuncia mai il suo nome, ma solo il soprannome di famiglia, ereditato dal padre: 'o Americano'. Forse per questo nessun quotidiano nazionale ha valorizzato la notizia del sottosegretario postino del boss. Eppure i quattro verbali dei collaboratori di giustizia che 'L'espresso' pubblica a pagina 65 disegnano un puzzle davvero inquietante. Vediamo: per l'imprenditore di camorra Gaetano Vassallo (vedi 'L'espresso' n. 37 'Così ho avvelenato Napoli'), Cosentino controlla il consorzio per la raccolta dei rifiuti infiltrato dalla camorra, l'Eco 4, e gestisce la costruzione degli inceneritori in accordo con Sandokan. Per Michele Froncillo, un altro pentito citato nell'ultima indagine, anche il boss legato a Sandokan, Raffaele Letizia, ha rapporti con Cosentino per ottenere appalti. Mentre secondo quello che raccontava già nel 2000 il cugino di Sandokan, Carmine Schiavone, i primi patti elettorali tra i casalesi e Cosentino risalgono alle elezioni amministrative del 1982, quando Nicola Cosentino militava nel Partito socialdemocratico. Le accuse dei collaboratori di giustizia, anche quando sono concordanti, hanno valore solo se riscontrate, ma indubbiamente imporrebbero una riflessione. Invece sul caso è calato il silenzio. Nessuno sembra interessato davvero a capire chi è questo sottosegretario all'Economia di Casal di Principe che dispone di deleghe delicate sul Cipe, sul dipartimento del Tesoro e sulle frequenze radio e tv. Per comprendere meglio il fenomeno Cosentino, 'L'espresso' ha consultato informative prefettizie, visure camerali e catastali che riportano fatti certi, non parole di pentiti. A partire da un atto dal quale risulta che Nicola Cosentino ha comprato un terreno dal boss Mario Schiavone, arrestato nel blitz del 30 settembre scorso.
Marco Lillo l'Espresso (09 ottobre 2008)

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